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mercoledì 30 novembre 2011

Primal Scream, Screamadelica - Gira tutta la stanza.

Che strana storia quella della musica. Soprattutto quella volta, verso la fine degli anni '80, che virò verso nuovi suoni, nuove sperimentazioni grazie a qualcosa che non è strettamente musicale: l'ecstasy.
L'acquisizione di popolarità di questa droga (nota in chimica anche come MDMA) coincise con la nascita e l'esplosione dell'House Music e del fenomeno del clubbing. Non a caso prese anche il nome di club drug.
A quanto pare gli effetti causati da questa sostanza chimica (abbassamento d'ansia, euforia) si accoppiavano a meraviglia con i ritmi e le sonorità della musica dance. Chi ha visto Trainspotting sicuramente capirà.
Queste sonorità e questi ritmi furono ripresi da molti musicisti, un po' per moda, un po' per sperimentare, un po' per curiosità.
I Primal Scream furono alcuni di questi. Nel 1991 abbandonarono momentaneamente l'alternative adottando il metodo dei campionamenti e ingaggiando il dj Andrew Weatherall alla produzione.
Il risultato fu Screamadelica, un album dai forti richiami psichedelici sia per il nome che per la copertina, raffigurante questo sole che sembra quasi un'allucinazione.
Il ritmo è dettato dalla prima traccia, Movin' On Up, in stile Rolling Stones e con cori gospel che ti introducono verso brani più dance come Slip Inside This House e Higher Than The Sun. Il momento di massimo ipnotismo arriva con Come Together, il brano più lungo e psichedelico; mentre il ritmo si abbassa con Damaged, un pezzo acustico che rimanda i Primal Scream alle origini.
Il tutto si conclude con Shine Like Stars, come a dare la buonanotte (o il buongiorno, dipende dall'ora) dopo una bella serata passata in discoteca.
E ti ritrovi nel letto, con la stanza che gira, gira e rigira. Effetto Screamadelica.

P.



Best tracks: Movin' On Up, Damaged (se siete amanti del rock); Slip Inside This House, Higher Than The Sun (se siete danzerecci)

venerdì 11 novembre 2011

The Libertines, Up The Bracket - Il tè delle cinque corretto con la Sambuca.

Se a inizio millenio aveste fatto una passeggiata per i mercati di Camden Town li avreste trovati collassanti, per terra, uno appoggiato all'altro ancora in sbornia dalla serata precedente.
Nel pomeriggio li avreste visti sicuramente varcare la porta di qualche casa discografica con un demotape in mano a incassare un altro, l'ennesimo "No!".
La sera li avreste trovati sicuramente in un pub ubriachi fradici.
Qualche anno dopo magari li avreste potuti trovare in qualche locale a suonare. Dopo aver bevuto l'ennesima pinta di birra, ovviamente.
Li avreste trovati ubriachi e sudati. Ma il rumore che proviene dalle loro chitarre è abbastanza orecchiabile. Sul palco si prendono a pugni, e se li aveste fissati con ammirazione durante l'esibizione probabilmente vi avrebbero sputato addosso.
Volendo avreste potuto addirittura salire sul palco a cantare e suonare con loro. Essere uno di loro, per una notte. Tanto chi se ne frega, l'importante era far casino.
Questi erano i The Libertines e questo è Up The Bracket, il loro album d'esordio. La reincarnazione di tutti i più brutti stereotipi dohertyani che trovano sostegno nella sua anima gemella, Carl Barat.
Anti-eroi della musica inglese. Brutte cose fatte da brutte persone.
Ma they all get them out for the boys in the band, they twist and they shout only for the boys in the band.


P.



Best Tracks: Time For Heroes, Boys In The Band, Up The Bracket.

venerdì 4 novembre 2011

Beatrice Antolini, Bioy - La Y è meglio della X che è un segno di negazione

Che per fare un disco così devi avere tante di quelle idee che ci riempiresti una mongolfiera. E che poi le devi tagliare e incollare per farci dei brani da una manciata di minuti. E poi devi prendere una manciata di questi brani e farci un album. Come un pittore che deve mettere la cornice intorno al quadro per appenderlo in una galleria d’arte perché altrimenti nessuno lo vedrebbe. Che per suonare un disco così devi affittare (per non spenderci una barca di soldi) un intero negozio di strumenti musicali e pure un ferramenta per cercare qualche suono veramente originale. A volte mi dimentico che esiste il Mac. E poi dentro ci devi mettere quello che ti passa per la testa quando fai colazione, quando pranzi e anche quando ceni. Eppure Beatrice Antolini non è un personaggio della Marvel ma è una di quelle che al massimo finisce un inserto di qualche giornale di quelli che ci fanno la rassegna stampa al tg. Ed è pure carina. Mondo cane.

L.


Best Track: Quelle cose con i numeretti di fianco?

mercoledì 2 novembre 2011

Florence + The Machine, Ceremonials - Madre Natura è buona, Madre Natura ci ama.

Recensione breve:
Ascoltatelo e liberate l'animale che è in voi.

Recensione un po' più seria:
Guardo alcuni vecchi live dei Florence + The Machine su YouTube e rimango letteralmente folgorato da questa chioma rossa che saltella come una matta per tutto il palco.
Mi domando se un essere umano possa andare oltre a così tanto entusiasmo e passione. Perchè sì, Florence Welch non è solo una grandissima voce ma anche tanto carisma, il che fa di lei un'artista a 360°.
E no, non ho trovato una risposta alla mia domanda. Così con un po' di scetticismo dovuto alla solita solfa "ilsecondoalbumèsemprepiùdifficile" mi accingo ad ascoltare il nuovo lavoro di Florence e la sua macchina.
Pensai, prima di premere play, che mi sarei ritrovato un album identico al precedente. Quanto avevo torto.
Come detto prima, mi domandavo se si potesse andare oltre a tutto quel delirio creato da un essere umano. E così la mia chioma rossa preferita non mi dà una risposta, ma un'alternativa.
Non è più entusiasmo umano, ma puro istinto animale.
Rispetto al primo lavoro si accentuano le percussioni e diminuiscono le chitarre per far spazio ad archi e violini, aggiungendo cori di sottofondo che creano un meraviglioso paesaggio naturale. A tratti mi ricordano gli Arcade Fire (soprattutto in Breaking Down), band selvaggia per antonomasia.
Quest'album è il passaggio da umano ad animale. Selvaggio, libero, scatenato.
Non me ne voglia Leopardi, ma dopo questo ascolto non posso pensare altro che Madre Natura è benevola e ci ama. Se non altro per averci dato una selvaggia come Florence.

P.



Best Track: Shake It Out

sabato 22 ottobre 2011

I Cani @ Covo Club, Bologna 21/10/2011 - Il sorprendente live d'esordio dei Cani

Avevo detto che non sapevano suonare. Avevo detto che non sapevano cantare. Avevo addirittura detto che lo facevano apposta per entrare meglio nei personaggi. Affascinato dalle teorie cospirative che vedevano gli 883 dietro questo progetto musicale e che venivano alimentate dalle interviste rilasciate con delle buste di cartone in testa. E ieri sul palco si sono presentati proprio con quelle buste in testa, e subito io noto che uno di loro ha anche un foro per la bocca. Sta a vedere che adesso passano la prossima ora conciati così! Ma il timore dura il tempo che le buste arrivano tra le mani di quelli che poi faranno una gran bolgia sotto il palco. In quel momento tutto l'alone di mistero e di gelido marketing da cassieri di case discografiche cessa di esistere. I Cani sono cinque ragazzi romani che dal vivo suonano con una passione e una cattiveria che nel disco non c'è, e anche Nicolò canta con una voce a tratti urlata inedita per noi di Youtube. Iniziano subito forte con Le coppie, Door selection, Hipsteria; rallentano con Wes Anderson, Il pranzo di santo stefano e anche la cover di Con un deca degli 883 (proprio loro!), poi chiudono in crescendo con Post-punk, I pariolini di diciott'anni, Perdona e dimentica, Velleità. Scaletta gestita benissimo, ma che era anche facile con 40 minuti di concerto da programmare. 40 minuti per farmi cambiare prospettiva verso un gruppo che comunque mi piaceva ma dal quale non mi aspettavo certo la qualità musicale e la naturalezza che invece mi hanno suonato davanti. Rivelazione italiana dell'anno, a mani basse.

L.


giovedì 20 ottobre 2011

Noel Gallagher's High Flying Birds - C'eravamo tanto amati.

Nel 1994 gli Oasis debuttarono con l'album Definitely Maybe, divenendo subito l'album più venduto nel minor tempo da un gruppo inglese al debutto (record battuto poi dagli Arctic Monkeys nel 2006).
L'anno successivo uscì (What's The Story) Morning Glory?, un'autentica pietra miliare della storia della musica inglese e mondiale. Due album che hanno cambiato la vita di molti. La mia compresa.
Gli Oasis con le loro canzoni divennero i portavoce della middle-class inglese, con i loro sogni e le loro ambizioni. Loro erano quelli che ce l'avevano fatta.
Poi con il tempo si sono un po' persi. Come dicono in una loro canzone: while we're living the dreams we have has children fade away.
Seguirono album mediocri (ma che comunque cavalcavano sull'onda del successo dei primi due lavori), litigi e controversie fino all'inevitabile rottura nel 2009.
Il Gallagher minore, Liam, si tenne i componenti e diede vita ai Beady Eye, mente Noel preferì lavorare a un progetto solista. Cantante contro autore.
Il risultato? Noel 1 - Liam 0.
Noel è da sempre stato l'autore principale della maggior parte dei brani degli Oasis e, non me ne voglia Liam, gli va riconosciuto il merito più grande. E infatti, come da copione, ha prodotto un album all'altezza.
Probabilmente, anzi, sicuramente il miglior lavoro fatto da un (ex)Oasis dal 1995 a questa parte. E i richiami a quel periodo non mancano certamente.
Un album nostalgico, sia per Noel sia per chi, come me, ascoltando QUEGLI Oasis sogna ancora ad occhi aperti.
Non sarà con tutta probabilità un lavoro che verrà ricordato negli anni, ma vale comunque la pena ascoltarlo, anche per un semplice tuffo nel passato.
Mentre scrivo questo pezzo, infatti, mi sto ri-ascoltando Don't Look Back In Anger. Che ci volete fare?
Nostalgia canaglia.

P.



Best track: If I Had A Gun...

sabato 15 ottobre 2011

Ryan Adams, Heartbreaker - Meglio soli che mal accompagnati

Conosco pochissimo del Ryan Adams personaggio, quindi vado a impressioni e a immaginazione.
M'immagino una fredda notte di fine millennio, di quelle che te le ricordi per essere troppo silenziose, forse perchè sta per succedere qualcosa.
Siamo in uno studio di registrazione completamente vuoto e spento. Tutto. Tranne che una stanza. Un faretto acceso, piccolo, ma abbastanza luminoso da permettere di distinguere tutti gli oggetti nella stanza.
Un posacenere pieno di cicche di sigaretta, una cappa di fumo immensa. E Ryan Adams, appoggiato lì, su una sedia. Ovviamente con una sigaretta in bocca, l'ultima del pacchetto, il che gli fa irrimediabilmente girare le palle perchè col freddo che c'è fuori cercare un distributore che non ti freghi i soldi diventa una prova di sopravvivenza.
Sulle gambe ha appogiata la sua chitarra acustica e ci si posa sopra come se fosse lo schienale della sedia, fissando il vuoto. La sigaretta finisce, lui si alza.
Tutto questo me lo sto immaginando come se fossi il regista di un film. Son passati due anni dall'ultimo lavoro con i suoi Whiskeytown e il prossimo non sembra vicinissimo a vederne la luce. Secondo il copione del mio film Ryan alzandosi dalla sedia prende un foglio, una penna e lascia un bigliettino con scritto: "Scusate, ma io ci provo".
M'immagino un tipo solitario. E ci mancherebbe che non provi a fare un album da solista. A fine estate del 2000 esce Heartbreaker. Il titolo dell'album ha una storia particolare: l'agente di Adams lo chiama al telefono e gli dice : "Hai 15 secondi per dare un nome a questo album". Lui, preso dall'agitazione, vide un poster di Mariah Carrey con una scritta sulla maglietta e la urlò: "HEARTBREAKER!".
Questo piccolo aneddoto non riflette l'immagine che ho tentato di dare di Ryan Adams e del suo album. Non è frettoloso e improvvisato, è lavorato e sofferto.
Un cielo stellato visto fuori città. Una chitarra. Una voce rovinata dall'emozione.
Bellissimo.




Ah, l'album dei Whiskeytown uscì l'anno dopo. Intanto Ryan Adams ne aveva già pubblicato un altro. Chi fa da sè..


P.



Best track: Come Pick Me Up

martedì 4 ottobre 2011

Pulp, Different Class - La classe è acqua

Aprendo la custodia dell'album, sul retro del libretto, troviamo la frase:

"Please undestrand. We don't want no trouble.
We just want the right to be different.
That's all."

Ed è questo che intende il cantante Jarvis Cocker con il titolo Different Class: il diritto di essere tutti ugualmente differenti in una società divisa in classi. La frase, scritta in bianco su sfondo nero, deve saltare subito all'occhio prima di inserire il cd nel lettore e che incominci a suonare, tanto per chiarire che non c'è nessuna pretesa di superiorità. Infatti la different class è la classe sociale di quelli che non appartengono ad alcuna classe sociale.
Una classe fatta dalla Common People, la quale inverte i ruoli sociali: il difficile non è più salire di classe, ma scendere. You'll never live like common people, you'll never watch your life slide out of view.
E diventa pure un'ambizione. I wanna live like common people.
L'album descrive la vita nella "normalità" di questa gente comune con un britpop travolgente e divertente, che varia da brani goliardici ad alcuni più malinconici, senza mai escludere nessuno dal coro.
Con questo lavoro i Pulp diventano la risposta al dibattito musicale più discusso della metà degli anni '90: sono meglio i Blur o gli Oasis?
Tra i due litiganti il terzo gode.

P.


Best Tracks: Common People, Disco 2000

venerdì 23 settembre 2011

Kasabian, Velociraptor! - Teorie evolutive


Addio allle atmosfere graffianti di Underdog e Club Foot che mi facevano venir voglia di pogare in una pozza di sudore.
Pare che giunti al loro quarto album i Kasabian, o almeno chi di loro scrive i pezzi, si siano innamorati. Con tutti i luoghi comuni del caso.
Il disco è pulito dalle distorsioni e dagli ammiccamenti elettronici e pure romantico, senza per questo abbandonare la qualità. Anzi, in un pezzo come La Fee Verte (che pare della lingua di quelli dello champagne ma non ci giurerei) i macellai armeni (si usi Google) mi ricordano inaspettatamente e stupendamente i Beatles. Addirittura.
Eppure la titletrack inganna di brutto perché Velociraptor! messa in mezzo all’album è forse l’unico pezzo a richiamare fortemente l’odore dei vecchi lavori degli inglesi.
I velociraptor si sono estinti, i Kasabian si sono evoluti.

Best tracks: La Fee Verte, Acid Turkish Bath (Shelter From The Storms)

L.


giovedì 22 settembre 2011

tUnE-YaRdS, w h o k i l l - Musicoterapia al manicomio.

Prendete una tastiera o un synth e createvi un loop di batteria. Che sia ripetitivo o vario non importa. Basta premere uno di quei bottoncini con le basi già impostate.
Ora circondatevi di strumenti musicali e iniziate a suonarli tutti. Tutti. A caso.
Non sapete suonare? Ancora meglio.
Fatto? Bene.
Per quanto vi siate impegnati e ci abbiate messo l'anima, lanciando il vostro spirito musicale oltre le barriere del ritmo e della tecnica, non vi riuscirà mai un capolavoro come questo album.
Un mix di R&B, lo-fi, Afro music, pop e folk che non segue nessuno schema musicale lasciando, a tratti, un po' perplessi e un po' confusi.
Sperimentazione allo stato puro. Delirio allo stato puro.

sE La pAZzia FoSsE uN sUONo, SAreBBe qUesTO DISCO.

P.



mercoledì 14 settembre 2011

Genesis, Selling England By The Pound (1973) - Non è risorto perché non è morto



“I am in the English Channel. It is cold, exceedingly wet. I am the voice of Britain, before the daily express. My name is Britannia. This is my song. It's called : Dancing With The Moonlit Knight.”

Nel 1973 a Manchester, Peter Gabriel si presentava così sul palco con il costume di Britannia, lo spirito della sua terra.
Se nel 2011 dovessi scegliere un costume per rappresentare lo spirito della musica vestirei da Peter Gabriel; scegliendolo come simbolo di quei Genesis che hanno fatto il miglior prog degli anni ‘70.
Che poi dopo con Collins hanno fatto anche la storia del pop. Ma è tutta un’altra faccenda.
Selling England by the pound ha su di me lo stesso effetto che Fratello sole, sorella luna ha sulle vecchiette della prima fila in chiesa la domenica mattina.
A volte penso che i Genesis abbiano nascosto in questo disco un messaggio subliminale che rivela il vero senso della vita. Senza stelle comete e pescivendoli.
Deliri religiosi a parte, è un’opera che ogni amante del progressive terrebbe in una teca di vetro nella propria stanza. E forse è l’opera che ha reso in molti amanti del progressive.
Alzo la mano.
A questo punto del post sono appena alla terza traccia che dura oltre i 9 minuti. Potrei scrivere all’infinito di questo disco infinito...

L.


lunedì 12 settembre 2011

The Drums, Portamento - Let's go surfing again!

<<Tecnicamente parlando, il termine "portamento" è legato soprattutto alla voce e si usa per descrivere il passaggio da una nota all'altra senza interruzioni, al contrario dello staccato.>>

Premiamo la coerenza e la costanza questa volta, in quanto è un album che suona e si lega terribilmente a quello d'esordio di un anno fa.
C'è la hit (Money) e c'è la canzone struggente (Please Don't Leave). Proprio come un anno fa.
Non ci sono linee di basso ma continui pizzichii di corde di chitarra. Proprio come un anno fa.
Suona come se fosse cantato dentro una chiesa. Proprio come un anno fa.
Fa battere le mani e sciogliere le gambe. Proprio come un anno fa.
E' un bel album. Proprio come un anno fa.
C'è una festa di surfisti in spiaggia, con un falò e qualche birra. E i The Drums da due anni a questa parte sono la colonna sonora di questa festa.


P.



Best Track: Money

venerdì 9 settembre 2011

EMA, Past Life Martyred Saints (2011) - Che ci piscino pure addosso i santi

Quando il cielo si fa scuro e preannuncia un temporale. E quel temporale non arriva mai. E lo aspetti come se l'acqua lavasse via tutti i brutti pensieri che hai in testa. Di tanto in tanto un fulmine squarcia il cielo con il suo rumore.
Se mai verrà a piovere EMA sarà una di quelli che camminano sotto la pioggia senza ombrello perché non hanno voglia di trascinarselo dietro quando poi smetterà. Che magari si ferma in un bar tutta sola a prendere qualcosa che la riscaldi.
Il disco stesso mi da l'impressione che se lo sia registrata da sola. Ovviamente, inzuppata d'acqua.
Magari nelle tante pause dell'album va a prendere gli strumenti che le servono. O a bere qualcosa.
Brava 'sta Erika M. Anderson.
Con la voce che emette vapore acqueo e fa formare le nuvole. E la chitarra che a volte imita il rumore dei tuoni.

L.


Best Track: Grey Ship




giovedì 8 settembre 2011

Guided By Voices, Bee Thousand - Mamma, mi si son rotte le cuffie

"Ma che cazz.. Ecco, e ti pareva? Basta io ci rinuncio. Ci rinuncio a sentire 'sti Guided By Voices! E' l'ennesima volta che scarico il loro album ed è l'ennesima volta che mi capita un fake!
Non è possibile! E poi, senti che bassa qualità: sembra di sentire mia sorella che canta sotto la doccia. Per non parlare degli strumenti: sembrano scordati! Me ne sono capitati tanti di fake, ma uno così proprio mai.
Ma dai, senti la chitarra. La suono meglio io con una corda in meno. E poi le canzoni durano manco due minuti. Venti canzoni da due minuti ciascuna non s'è mai visto. Che fake. Che fregatura. Mai fidarsi di internet.
Ma.. ma come canta?! Chiunque abbia registrato questa roba per scherzo deve avere qualche problema d'intestino. Che nervoso. Ci rinuncio. Accendiamo la tv, che è meglio.."
Questo è quello che probabilmente direbbe su Bee Thousand uno che la musica piuttosto che ascoltarla preferisce guardarla su MTV. Questo è quello che in fondo in fondo pensano un po' tutti.
Un po' troppo alternativo? Un po' troppo lo-fi?
Forse.
Ma se Bee Thousand è uno degli album più acclamati degli anni '90, forse hanno avuto ragione Robert Pollard & Co.


P.



Best Track: Ah, decidete voi..

domenica 4 settembre 2011

I-Day Festival 3/9/2011 - Believe the hype

Ho un gran mal di testa. Le gambe e le braccia non le sento più. Le mani sono rosse a forza di applaudire. La voce.. vabè dai, lasciam perdere. Tanti dolori fisici, ma anche tante emozioni che mi porterò dentro per sempre. La prima giornata dell'I-Day è stata, come da pronostico, davvero favolosa. Ripercorriamola:

La giornata è cominciata con la notizia che il cattivo tempo avrebbe fatto da headliner a questo festival, ma per fortuna era una notizia infondata vista la presenza del sole che ha picchiato sulle nostre nuche prima di entrare. La fila è stata un po' snervante, ma per la prima volta mi capita di vedere un'apertura cancelli puntuale se non addirittura in anticipo. Appena entrati ci postiamo subito a pochi metri dal palco e da lì non ci schiodiamo fino alla sera. Il primo gruppo a esibirsi sono gli Heike Has The Giggles, gruppo a noi sconosciuto ma che poi scopriamo essere italiano e di Ravenna (e capiamo anche perchè intorno a noi molti hanno una loro maglietta). Sarà stata l'emozione di essere davanti a quell'enorme palco, sarà stata la voglia di sentire finalmente un po' di musica, ma mi son piaciuti davvero tanto. Sarà che magari son davvero bravi. Sono in tre: lei cantante minuta con la chitarra che è quasi più grande di lei; un batterista e un bassista idolo delle folle che sul palco non sta fermo un attimo coinvolgendo molto il pubblico (ancora poco) presente. Mi hanno ricordato gli Yeah Yeah Yeahs senza convulsioni. Ne sentiremo ancora parlare.

Finiti gli Heike è il turno dei Morning Parade, gruppo britannico che ha collaborato in passato con gente del calibro dei Blur. Non hanno lo spirito e l'energia che hanno avuto gli Heike, ma mi hanno colpito lo stesso per come han suonato. Non ci ho dato molta importanza a loro, nonostante dei pezzi molto belli (vi consiglio questa: Under The Stars), poichè sapevo già chi sarebbe arrivato dopo. E lo sapeva bene anche il pubblico, molto contenuto in attesa del gruppo successivo. E allora andiamo avanti.

Da dietro il palco viene fatto montare un enorme striscione azzurro con raffigurate delle persone che si coprono il volto con una foto. Sopra di loro giganteggia una scritta bianca, quasi come fossero nuvole nel cielo: The Wombats. Sono molto emozionato all'idea di sentirli suonare, il loro album d'esordio (che ho anche suggerito qualche post fa) per me è stato una grande scoperta e mi ha aperto un intero mondo musicale.
Il loro ingresso sul palco è stato accolto da un boato e loro apprezzano con un timido e poco sobrio sorriso di circostanza. Pochi giochetti e si appiccicano subito agli strumenti. Dal momento in cui il cantante Matthew Murphy attacca le mani sul sintetizzatore per suonare Our Perfect Disease è un continuo saltellare su e giù del pubblico che inizia, finalmente, a scaldarsi. I pezzi più gettonati sono stati ovviamente i più famosi: Techno Fan, Anti-D (con la quale mi sono particolarmente emozionato), Tokyo, Moving To New York, Jump Into The Fog e in chiusura Let's Dance To Joy Division, suonata alla perfezione e cantanta a squarciagola da un pubblico infuocato. Bravi loro. Bravi Noi.

L'ora con i White Lies l'ho passata a insultarli. Vi spiego: il loro album d'esordio (To Lose My Life...) è davvero un album bellissimo, intoccabile ma, aimè, ailoro, hanno deciso di farsi letteralmente sputtanare con il secondo album (Ritual). Quando lo ascoltai la prima volta durò per ben quattro canzoni. Stoppato e cestinato. Quindi il mio rapporto con loro è quasi irreparabilmente deteriorato.
E anche live sembrano non essere dei gran genialoidi. Per carità, hanno suonato davvero da Dio, ma è abbastanza discutibile la scelta della scaletta: la carta jolly  To Lose My Life se la giocano quasi subito, e molte altre canzoni placano un po' il pubblico che si era ben riscaldato dopo il live dei The Wombats, se non per qualche incitamento del cantante Harry McVeigh. Comunque sia chiudono in bellezza con Bigger Than Us coinvolgendo un po' di più il pubblico e preparandoli per chi sarebbe venuto dopo.

Lo ammetto, io ero lì solo e soltanto per gli Arctic Monkeys. Il 14 marzo alle ore 10.49 avevo già il biglietto in mano e la band di Sheffield era l'unica che era stata annunciata. Ma mai e poi mai mi sarei aspettato di vedere il live più bello da parte dei Kasabian.
Il tempo iniziava a non essere dei migliori, quasi a conferma delle voci che giravano in mattinata, e il sole era calato da un pezzo. Sul palco dominava una gigantografia della scritta KASABIAN. I cori per il chitarrista Sergio Pizzorno (di ovvie origini italiane) erano iniziati da un pezzo e rispetto ai White Lies la zona sottopalco si era notevolmente riempita. Quando salgono sul palco è il delirio. Attaccano subito con Club Foot, prima canzone del loro primo cd, e mi ritrovo travolto dal pubblico che è letteralmente impazzito. Per non parlare di quando hanno fatto pezzi storici come Shoot The Runner, Underdog, una Vlade The Impaler a dir poco esplosiva, una inaspettatissima L.S.F. che dalle voci che giravano tra il pubblico non sarebbe stata eseguita, per poi concludere con quella che secondo il cantane Tom Meighan "is for you" (indicando il pubblico): Fire. Bellissimo, tanto per usare un eufemismo. I Kasabian mi hanno caricato e la giornata è stata lunga. Sono stanchissimo e penso di aver dato il 99% di me. Ma adesso sarebbero arrivati loro, e per loro avrei dato il 200%. E così è stato.

E' tutto buio. Io sono muto e immobile, paralizzato dall'emozione e dalla stanchezza. Finalmente avrei visto gli Arctic Monkeys. Finalmente salgono sul palco. Impazzisco.
Alex Turner sfoggia un nuovo taglio di capelli che si sistema e risistema durante l'esibizione, scimmiottando un po' Elvis un po' Fonzie di Happy Days. Come al solito sono freddissimi. A malapena salutano e si avventano sugli strumenti. Il batterista Matt Helders attacca con l'intro di Library Pictures, sesta traccia del loro ultimo album (Suck It And See), e subito la loro freddezza si scalda suonando. Il secondo brano è Brianstorm e il pubblico esplode. Io, se possibile, impazzisco ancora di più. Le canzoni le so praticamente a memoria. Riesco a capire addirittura che canzone avrebbero fatto dal cambio di chitarra o da come la mano era posizionata sul manico per suonare il primo accordo. Faccio schifo e sono un fissato, lo so, ma è amore.
Alex chiede come va. Sta andando da Dio, Alex. State andando da Dio.
Non mi pareva vero di sentire da vivo pezzi come Teddy Picker, Still Take You Home, The Hellcat Spangled Shalalala scritta apposta per far cantare il pubblico, The View From The Afternoon e I Bet You Look Good On The Dancefloor. Quando suonano When The Sun Goes Down divento un brivido vivente.
Quando sento 505 mi spengo un po', perchè so che è la loro canzone di chiusura. E così è.

Una giornata strepitosa e psico-fisicamente devastante. Ho visto cose che fino a ieri mi sono solo immaginato con le cuffie alle orecchie. Spero di riviverne altre di giornate così.
E soprattutto spero di poter ricantare di nuovo another fucking shalalala.


P.




Un ringraziamento a B., C., D. & S., senza di loro non sarebbe stata la giornata che è stata.

giovedì 1 settembre 2011

Stephen Malkmus and The Jicks, Mirror Traffic (2011) - Saranno Narcos in copertina?

Se ti vedesse passare su una bicicletta ti darebbe un calcio alle ruote. Se ti incontrasse in un bar ti rovescerebbe il caffè bollente addosso. Se ti incrociasse ad un incrocio ti taglierebbe la strada.
Non è che sia un cattivo, soltanto un po' alternativo. Direbbe Stephen Malkmus sul suo disco. E anche un po' sboccato.
Un adolescente problematico che si fa sospendere dalla scuola perché ha preso a calci il distributore di merendine.
Un postino che si diverte a fare scherzi al citofono.
Semplicemente è un'altra prospettiva.
Poi, alla fine, se lo conosci bene ci diventi amico, magari te ne innamori. E scopri che è il disco più dolce e sensibile che c'è.
Oppure non lo capisci e gli dai del pazzo e disadattato.
E se sei un senatore, lascia perdere. Aveva pur bisogno di sfogarsi con qualcuno. I know what the senator wants. What the senator wants is a blowjob.

L.




lunedì 29 agosto 2011

Jeff Buckley, Grace (1994) - Spegnete le luci

Seduto al bancone di un vecchio bar con i vestiti di sempre, i capelli in disordine, e una tazza di caffè americano. E non scambia mezza parola con il titolare, né con altri clienti. Dopo il caffè esce fuori e fuma una sigaretta.
Così mi immagino fosse Jeff Buckley.
Dopo aver raggiunto la fama, decise di usare nomi fittizzi per esibirsi in piccoli cafè del New England con una manciata di persone.
E non te ne frega se la canzone più bella dell'album non l'hai scritta tu. Hallelujah
Prende una vecchia macchina e fa un giro percorrendo le strade meno trafficate e meno illuminate della città. Si ferma in un negozi di alimentari e prende una birra da portare via. Si innamora della cassiera.
Poi prende una chitarra acustica e fa uscire tutti i suoi pensieri.
E si fa risucchiare dal gorgo di un battello nel Wolf River, fischiettando Whole Lotta Love.

L.


sabato 27 agosto 2011

The Rapture, In The Grace Of Your Love - La festa è finita, andate in pace

E' un disco dance-punk ed è un disco serio.
Non che i dischi dance-punk non siano seri, non fraintendetemi, ma spesso hanno sonorità danzerecce e da dancefloor che più che ascoltare musica fanno saltellare e ballare. Quindi scordatevi quel Echoes (album) e quella Echoes (canzone) della sigla di Misfits. I The Rapture hanno raggiunto la maturità giusta per fare un grande album e lo dimostrano con un lavoro molto profondo: tracce lunghe e pacate, linee di basso e tastiere ipnotiche e testi ripetitivi. Lo ascolti e sembra una lunghissima ed intensa unica traccia, a dimostrazione di essere un album con un filo logico.
C'è poco da ballare in questo disco dance-punk, ma molto da godere.
La festa è finita. Comincia l'after.

P.



Best tracks: Sail Away, How Deep Is Your Love?

martedì 23 agosto 2011

Paul Kalkbrenner, Icke Wieder - Berlin Living

Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco.
Sarà che sono stato contagiato dal minimalismo nudo e crudo dell'album.
Ma è proprio un bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco.
DJ Kalkbrenner abbandona con questo lavoro le emozioni e le intenzioni del suo capolavoro Berlin Calling e si dedica ad un'elettronica limpidissima.
Il risultato è una colonna sonora completamente asettica, che potrebbe suonar bene tanto alla mia festa di laurea quanto al mio funerale.
Perché è un bel disco. Bel disco. Bel disco. Bel disco.
E il minimalismo che caratterizza tutti i pezzi non è assolutamente pesante nell'ascolto; anzi permette di perdersi nell'atmosfera musicale e uscire fuori dalla dittatura sanguinaria delle lancette.
Ma la lama è a doppio taglio.
Ciò che non lo renderà un successo commerciale, ahimè, è proprio il fatto che un disco così vaporeo non può rimanere catturato dagli schemi troppo concreti della memoria.
Tanto che faccio fatica ad indicare un pezzo dell'album che mi sia piaciuto più di altri.
Come quando, a causa di qualche negroni di troppo, non ricordo la musica che ho ascoltato la sera prima in discoteca, anche se so che mi è piaciuta e mi sono divertito.
Kalkbrenner è bravo. Bravo. Bravo. Bravo.






Paul Kalkbrenner - Icke Wieder by Eric Llavaam

L.

giovedì 18 agosto 2011

The Wombats; A Guide to Love, Loss And Desperation - Love Will (Not) Tear Us Apart

Tales Of Girls, Boys & Marsupials.
Storie di ragazze, ragazzi e.. marsupiali. Sì, ok, probabilmente i marsupiali non c'entrano niente in questo intreccio di storie tra ragazze e ragazzi, ma vedrete che un ruolo importante in questo disco lo avranno comunque.
E' la prima sera in cui sei single dopo una lunga relazione finita male. Hai voglia di andartene (Moving to New York), di sparire. E tutto sembra avere così poco senso.
In A Guide to Love, Loss and Desperation i Wombats sono i tuoi migliori amici quando tutto sembra andare male, quelli che ti aiutano a dimenticare e a ricominciare. Everything is going wrong, but we're so happy.
Un album che sembra essere una parodia di Love Will Tear Us Apart (testimoniato anche dal brano Let's Dance To Joy Division), dove l'amore invece che distruggerti sarà uno sprono a ricominciare una vita nuova a suon di goliardia e birre.
Brani accompagnati da sintetizzatori dei più classici pezzi da dancefloor e da cori da cantare a squargiagola che inneggiano la spensieratezza e la voglia di festeggiare ovunque e in ogni occasione. Party In A Forest.
L'album si chiude con un brano intitolato My First Wedding, una critica al matrimonio visto più come un'occasione per bere e far festa che per celebrare l'amore. Anche perchè in fondo la sposa is not that beautiful.
Quando la spensieratezza e la voglia di festeggiare dominano su una maturità che pare lontata, chi ha bisogno di amare?

P.




Best track: Let's Dance To Joy Division


Un ringraziamento a G. che per scrivere questo post è riuscita a scavare nei miei pensieri.

martedì 16 agosto 2011

Afterhours, Quello Che Non C'è - Thus Spoke Manuel Agnelli

Quando mi chiedo che senso avrà la giornata, alla mattina, mentre bevo il caffè.
Quando penso al futuro dopo una giornata insoddisfacente e stressante buttato sul letto.
Quando ricordo persone che mi sono lasciato sfuggire sfogliando la rubrica del telefono.
In tutti questi momenti raggiungo uno stato di coscienza che posso chiamare Quello che non c'è.
E gli Afterhours, alle loro domande, provano a dare delle risposte che si inseriscono nei miei ragionamenti come tessere di un puzzle; senza paura di sconfinare nel dogmatismo (La chiave della felicità è ...), scongiurato dal senso di inconsapevolezza con cui affrontano gli argomenti.
Lo fanno con un rock fedele al loro stampo, fatto di distorsioni e cantato tutto dalla voce odiata/amata di Manuel Agnelli.
Quello che non c'è è un disco fondamentale per assaggiare la filosofia degli Afterhours, nel limbo tra il nichilismo e la volontà di comprendere la scintilla vitale.
Un disco introspettivo, oltre il tempo e lo spazio, e che per sua natura allontana il gruppo milanese dalla scena alternativa italiana che sempre più si dedita alla tematiche sociali.
Prima di salvare i mari dal petrolio.
Prima di scendere in piazza contro la finanza mondiale.
Mi chiedo quale sia Il mio ruolo.

L.


venerdì 5 agosto 2011

My Bloody Valentine, Loveless - Il rumore dell'amore

When I look at you, I don't know what's real.
La distinzione tra reale e non reale. Cercare di capire se si sta sognando oppure no. In bilico, in un limbo tra la dormiveglia e la fase REM.
I My Bloody Valentine con il loro secondo album ti catapultano in un mondo parallelo fatto di romanticismo e sogni da vivere ad occhi aperti. Piacevole anche se siete il più cinico dei cinici ai quali si cariano i denti alla minima sdolcineria.
Un unico sottofondo fatto di distorsioni, di quelli che se lasci la chitarra accesa senza suonarla fa fischiare le casse, mescolato a meraviglia con delle linee di basso abbastanza pesanti (anche queste distorte) e a colpi energici di batteria (se si potesse, anche questa con distorsioni).
Un disco che non è solo un disco. E' un inizio.
Un muro di suono che si schianta lievemente contro di voi. Parole appena sussurrate, quasi impossibili da comprendere ma di cui se ne percepisce la dolcezza.
Blown A Wish è la buonanotte da dare alla vostra amata. When You Sleep sono i vostri pensieri mentre la osservate dormire. E' bello essere innamorati quando c'è così tanta dolcezza.
Sulla copertina c'è scritto Loveless: mai giudicare un libro dalla copertina.

P.




Best Track: When You Sleep

mercoledì 3 agosto 2011

Mogwai, Happy Songs For Happy People - E quindi uscimmo a riveder le stelle

Guardare un enorme asteroide in rotta di collisione con la Terra e sorridere.
Come Donnie Darko. C'è tanto da contemplare avidamente.
I Mogwai suonano un disco post-rock capace di toccare corde molto profonde; un disco che sostanzialmente non cambia per tutta la sua durata, ma che nella profondità dello scenario che crea risulta perfino troppo breve.
Uno scenario apocalittico, che mi lascia affascinato e umilia il racconto biblico a una punizione per bambini che mangiano la torta riposta sul davanzale.
Kids will be skeletons.
Le uniche parole dei Mogwai rimangono stampate sul disco (Non c'è cantato.) e disegnano immagini crude, orrende, stilizzate.
Le scimmie spaziali scozzesi seguono l'odore delle fiamme in un viaggio in cui l'unica dimensione è quella del pensiero.
Moses I amn't.
Eppure la sintesi è lì, Happy Songs For Happy People. Non posso far altro che sorridere di tutta questa grandezza.
Lucifero, portatore di luce.

L.


Mogwai - Hunted By A Freak (Live) by PIASGermany

mercoledì 27 luglio 2011

I Cani, Il Sorprendente Album D'Esordio Dei Cani - Generazione a quattro zampe

Adolescenti sbarbati che mettono su una band sognando belle ragazze e soldi; e che, non sapendo suonare, scelgono di fare un elettropop vivace quanto monotono e stancante; con lo stesso tono vocale tenuto per tutto il disco.
Questo direbbe di loro uno straniero senza conoscenza della lingua italiana.
Questo è quello che in fondo dicono di loro sul profilo Facebook. Solo l'ennesimo gruppo pop romano.
Io che l'italiano lo conosco vengo rapito subito dai testi.
Manciate di luoghi comuni adolescenziali cantati (si fa per dire) in modo grottesco ed ironico; così grottesco ed ironico che diventa intelligente e geniale; con un talento lessicale che gli permette di fare veroniche con le parole. Aspiranti DJ che aspirano coca.
E poi c'è il continuo riferimento all'immaginario generazionale da Facebook a Vasco Brondi.
Alla musica (si fa per dire) non ci bado quasi più per gran parte del disco.
Anzi, mi viene da pensare che anch'essa sia nient'altro che la parodia di un mondo musicale da cui prendono le distanze.
D'altra parte ci si può aspettare questo ed altro da un gruppo che nessuno ha mai visto in faccia; solo foto di cani rilasciate in giro per il web. (A fine anno partirà il loro primo mini-tour; maschere scontate.)
Un disco d'anticonformismo leggero e geniale per I cani, abbandonati in autostrada da vacanzieri troppo concentrati su velleità che aiutano a scopare.

L.


Velleità by I Cani

martedì 26 luglio 2011

Noel Gallagher's High Flying Birds, The Death Of You And Me - Chi non muore si rivede

Chi non muore si rivede. Appunto.
Non che l'avessimo dato per disperso, ma è proprio questo che ci fa pensare il buon vecchio Noel Gallagher appena appare nel video. Il video inizia con una carrellata su una tavola calda (dal nome emblematico Last Chance) fino ad arrivare all'interno di essa dove troviamo il maggiore dei fratelli Gallagher intento a scrivere con occhiali da sole e camiciuolo bianco di chi si è goduto una bella vacanza prima di rimettersi al lavoro dopo lo sciogliemento degli Oasis. La scena si alterna con quelle di una cameriera della tavola calda, i suoi pensieri e l'avanzare di una banda in marcia seguita da un carro che, alla fine del video, si apre invitando la cameriera a salire.
Per quanto riguarda il pezzo, completamente inedito, c'è poco da segnalare, in quanto ricorda maledettamente gli ultimi Oasis (purtroppo, e non quelli di Definitely Maybe e (What's The Story) Morning Glory).
Per carità, nulla da biasimare a chi per anni ha scritto le canzoni di uno dei gruppi più importanti degli anni '90 e che difficilmente abbandonerà quello stampo, ma per una volta ci sarebbe piaciuto ascoltare qualcosa di diverso.

P.


lunedì 25 luglio 2011

Caparezza feat. Alborosie, Legalize The Premier - Vecchia satira

Soldi, giudici e belle ragazze.
Il quarto video realizzato per Il Sogno Eretico da Roberto Tafuro non brilla per originalità, camminando sui binari della satira ormai spolpata sul “premier”.
Anche tecnicamente appare scarno, affrettato; come l'uso del fondo bianco.
Da segnalare la presenza nel video di Alborosie, il cui labiale purtroppo non aiuta a decifrare le sue parole.
D'impatto il finale; crudo, fuori dai soliti schemi e scherni del Capa e che sembra anticipare un video successivo dalle stesse caratteristiche: Noi Siete Stato Voi.

L.




domenica 24 luglio 2011

Washed Out, Within and Without - Amor ch'a nullo amato amar perdona

Joey che, al primo appuntamento con Dawson, gli mette una mano nei pantaloni.
Il Papa che lancia preservativi sulla piazza al grido di “Fate l'amore, non fate la guerra!”
La nonna che beve Grand Marnier nel night club.
Washed Out (sulla tessera della biblioteca Ernest Greene) redime il sesso da tutti i suoi presunti peccati e lo presenta in abito bianco all'altare.
Il ragazzo statunitense in giro per il mondo con il Mac sulla spalla e un microfono (che gli serve a poco) in tasca trova il modo di suonare di sesso senza provocazioni.
Non serve essere Rihanna e tingersi i capelli di rosso.
O vestirsi da scolaretta come Britney Spears.
Un pop elettronico romantico e leggero come il vento, che naviga in un mare di corpi nudi ed estatici. Con una voce appena sussurrata a fare da scogliera e non disturbare.
Che non si chieda a Washed Out se sia mai stato innamorato. Perché per fare Within and Without l'amore, in qualche modo, deve averlo conosciuto davvero bene.
E così questo disco è un equilibro tra il sesso e l'amore; un gioco di pesi assolutamente riuscito; una copertina perfettamente sinottica.
Un disco d'esordio che è un disco maturo.
Un disco che farò suonare al prossimo matrimonio in cui sarò lo sposo.

L.






Amor Fati by thesoundbandits

Milano (indie) rock City: in arrivo anche i Kaiser Chiefs

Milano si prepara per diventare una meta per molti amanti dell'indie rock. Dopo aver ospitato ben due festival estivi (tra cui il deludente Flippout Alternative Festival, in cui gli Strokes han suonato per soli 50 minuti a causa dell'impianto audio saltato) e dopo aver annunciato le date di The Kooks (27 ottobre), The Horrors (22 novembre) e The Subways (10 novembre), arriveranno anche i Kaiser Chiefs il 13 novembre ai Magazzini Generali.
La band di Leeds, fresca fresca di nuovo album (The Future is Medieval), ha deciso di promuovere quest'ultimo con una particolare e interessante modalità: infatti tramite iTunes l'ascoltatore può scegliere di creare il proprio disco personale scegliendo dieci tracce tra venti disponibili.
I Kaiser Chiefs sono famosi anche per i loro live carichi di energia, e dopo tre anni di pausa potrebbero avere qualche sorpresa in serbo nella loro unica data italiana.

P.

More info: http://www.ticketone.it/IT/Concerti/nc_id219922_Kaiser-Chiefs.html

sabato 23 luglio 2011

Bon Iver, Bon Iver - Silenziosamente verso il successo

E' un album casuale.
Mi spiego meglio.
Te lo ritrovi lì, spulciando sul web e sfogliando le riviste di musica. Le recensioni sono solo positive. Ed è allora che la curiosità vince.
Casualmente ti ritrovi ad ascoltarlo in qualche lettore multimediale nel computer. Son tutte lì, dieci tracce con nomi di città (alcune inventate), quasi a delineare un viaggio da percorrere durante l'ascolto.
La voce fioca e affannosa del cantante Justin Vernon è accompagnata spesso da colpi di rullante, quasi a dettare il ritmo di questo viaggio da intraprendere; mentre dove la voce è accompagnata unicamente da fiati, ottoni e arpeggi di chitarra sembra quasi che ci sia una pausa nel percorso dell'album, degli attimi di riflessione dove si ammira il paesaggio prima di ripartire verso la prossima traccia.
E' un album "invernale", per le sonorità e per i paesaggi che si immaginano durante l'ascolto (forse influenzati dalla copertina dell'album). Ascoltandolo pensi che fuori il cielo sia grigio e che abbia appena piovuto. Le strade bagnate e l'aria fredda. Forse sarebbe anche il clima ideale per ascoltarselo, ma anche in estate si lavora bene di fantasia.
Non è un album atteso, con delle aspettative, nonostante il buon esordio (Forever Emma, Forever Ago): è casuale. Un disco che non ti aspetti da un artista poco conosciuto.
Lo scorso anno Bon Iver ha collaborato alla realizzazione di My Beautiful Dark Twisted Fantasy di Kanye West, acclamato dalla critica come miglior album del 2010. E anche quest'anno potrebbe ritrovarsi davanti a tutti, ma con un ruolo da protagonista.

P.

Best track: Holocene.