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venerdì 23 settembre 2011

Kasabian, Velociraptor! - Teorie evolutive


Addio allle atmosfere graffianti di Underdog e Club Foot che mi facevano venir voglia di pogare in una pozza di sudore.
Pare che giunti al loro quarto album i Kasabian, o almeno chi di loro scrive i pezzi, si siano innamorati. Con tutti i luoghi comuni del caso.
Il disco è pulito dalle distorsioni e dagli ammiccamenti elettronici e pure romantico, senza per questo abbandonare la qualità. Anzi, in un pezzo come La Fee Verte (che pare della lingua di quelli dello champagne ma non ci giurerei) i macellai armeni (si usi Google) mi ricordano inaspettatamente e stupendamente i Beatles. Addirittura.
Eppure la titletrack inganna di brutto perché Velociraptor! messa in mezzo all’album è forse l’unico pezzo a richiamare fortemente l’odore dei vecchi lavori degli inglesi.
I velociraptor si sono estinti, i Kasabian si sono evoluti.

Best tracks: La Fee Verte, Acid Turkish Bath (Shelter From The Storms)

L.


giovedì 22 settembre 2011

tUnE-YaRdS, w h o k i l l - Musicoterapia al manicomio.

Prendete una tastiera o un synth e createvi un loop di batteria. Che sia ripetitivo o vario non importa. Basta premere uno di quei bottoncini con le basi già impostate.
Ora circondatevi di strumenti musicali e iniziate a suonarli tutti. Tutti. A caso.
Non sapete suonare? Ancora meglio.
Fatto? Bene.
Per quanto vi siate impegnati e ci abbiate messo l'anima, lanciando il vostro spirito musicale oltre le barriere del ritmo e della tecnica, non vi riuscirà mai un capolavoro come questo album.
Un mix di R&B, lo-fi, Afro music, pop e folk che non segue nessuno schema musicale lasciando, a tratti, un po' perplessi e un po' confusi.
Sperimentazione allo stato puro. Delirio allo stato puro.

sE La pAZzia FoSsE uN sUONo, SAreBBe qUesTO DISCO.

P.



mercoledì 14 settembre 2011

Genesis, Selling England By The Pound (1973) - Non è risorto perché non è morto



“I am in the English Channel. It is cold, exceedingly wet. I am the voice of Britain, before the daily express. My name is Britannia. This is my song. It's called : Dancing With The Moonlit Knight.”

Nel 1973 a Manchester, Peter Gabriel si presentava così sul palco con il costume di Britannia, lo spirito della sua terra.
Se nel 2011 dovessi scegliere un costume per rappresentare lo spirito della musica vestirei da Peter Gabriel; scegliendolo come simbolo di quei Genesis che hanno fatto il miglior prog degli anni ‘70.
Che poi dopo con Collins hanno fatto anche la storia del pop. Ma è tutta un’altra faccenda.
Selling England by the pound ha su di me lo stesso effetto che Fratello sole, sorella luna ha sulle vecchiette della prima fila in chiesa la domenica mattina.
A volte penso che i Genesis abbiano nascosto in questo disco un messaggio subliminale che rivela il vero senso della vita. Senza stelle comete e pescivendoli.
Deliri religiosi a parte, è un’opera che ogni amante del progressive terrebbe in una teca di vetro nella propria stanza. E forse è l’opera che ha reso in molti amanti del progressive.
Alzo la mano.
A questo punto del post sono appena alla terza traccia che dura oltre i 9 minuti. Potrei scrivere all’infinito di questo disco infinito...

L.


lunedì 12 settembre 2011

The Drums, Portamento - Let's go surfing again!

<<Tecnicamente parlando, il termine "portamento" è legato soprattutto alla voce e si usa per descrivere il passaggio da una nota all'altra senza interruzioni, al contrario dello staccato.>>

Premiamo la coerenza e la costanza questa volta, in quanto è un album che suona e si lega terribilmente a quello d'esordio di un anno fa.
C'è la hit (Money) e c'è la canzone struggente (Please Don't Leave). Proprio come un anno fa.
Non ci sono linee di basso ma continui pizzichii di corde di chitarra. Proprio come un anno fa.
Suona come se fosse cantato dentro una chiesa. Proprio come un anno fa.
Fa battere le mani e sciogliere le gambe. Proprio come un anno fa.
E' un bel album. Proprio come un anno fa.
C'è una festa di surfisti in spiaggia, con un falò e qualche birra. E i The Drums da due anni a questa parte sono la colonna sonora di questa festa.


P.



Best Track: Money

venerdì 9 settembre 2011

EMA, Past Life Martyred Saints (2011) - Che ci piscino pure addosso i santi

Quando il cielo si fa scuro e preannuncia un temporale. E quel temporale non arriva mai. E lo aspetti come se l'acqua lavasse via tutti i brutti pensieri che hai in testa. Di tanto in tanto un fulmine squarcia il cielo con il suo rumore.
Se mai verrà a piovere EMA sarà una di quelli che camminano sotto la pioggia senza ombrello perché non hanno voglia di trascinarselo dietro quando poi smetterà. Che magari si ferma in un bar tutta sola a prendere qualcosa che la riscaldi.
Il disco stesso mi da l'impressione che se lo sia registrata da sola. Ovviamente, inzuppata d'acqua.
Magari nelle tante pause dell'album va a prendere gli strumenti che le servono. O a bere qualcosa.
Brava 'sta Erika M. Anderson.
Con la voce che emette vapore acqueo e fa formare le nuvole. E la chitarra che a volte imita il rumore dei tuoni.

L.


Best Track: Grey Ship




giovedì 8 settembre 2011

Guided By Voices, Bee Thousand - Mamma, mi si son rotte le cuffie

"Ma che cazz.. Ecco, e ti pareva? Basta io ci rinuncio. Ci rinuncio a sentire 'sti Guided By Voices! E' l'ennesima volta che scarico il loro album ed è l'ennesima volta che mi capita un fake!
Non è possibile! E poi, senti che bassa qualità: sembra di sentire mia sorella che canta sotto la doccia. Per non parlare degli strumenti: sembrano scordati! Me ne sono capitati tanti di fake, ma uno così proprio mai.
Ma dai, senti la chitarra. La suono meglio io con una corda in meno. E poi le canzoni durano manco due minuti. Venti canzoni da due minuti ciascuna non s'è mai visto. Che fake. Che fregatura. Mai fidarsi di internet.
Ma.. ma come canta?! Chiunque abbia registrato questa roba per scherzo deve avere qualche problema d'intestino. Che nervoso. Ci rinuncio. Accendiamo la tv, che è meglio.."
Questo è quello che probabilmente direbbe su Bee Thousand uno che la musica piuttosto che ascoltarla preferisce guardarla su MTV. Questo è quello che in fondo in fondo pensano un po' tutti.
Un po' troppo alternativo? Un po' troppo lo-fi?
Forse.
Ma se Bee Thousand è uno degli album più acclamati degli anni '90, forse hanno avuto ragione Robert Pollard & Co.


P.



Best Track: Ah, decidete voi..

domenica 4 settembre 2011

I-Day Festival 3/9/2011 - Believe the hype

Ho un gran mal di testa. Le gambe e le braccia non le sento più. Le mani sono rosse a forza di applaudire. La voce.. vabè dai, lasciam perdere. Tanti dolori fisici, ma anche tante emozioni che mi porterò dentro per sempre. La prima giornata dell'I-Day è stata, come da pronostico, davvero favolosa. Ripercorriamola:

La giornata è cominciata con la notizia che il cattivo tempo avrebbe fatto da headliner a questo festival, ma per fortuna era una notizia infondata vista la presenza del sole che ha picchiato sulle nostre nuche prima di entrare. La fila è stata un po' snervante, ma per la prima volta mi capita di vedere un'apertura cancelli puntuale se non addirittura in anticipo. Appena entrati ci postiamo subito a pochi metri dal palco e da lì non ci schiodiamo fino alla sera. Il primo gruppo a esibirsi sono gli Heike Has The Giggles, gruppo a noi sconosciuto ma che poi scopriamo essere italiano e di Ravenna (e capiamo anche perchè intorno a noi molti hanno una loro maglietta). Sarà stata l'emozione di essere davanti a quell'enorme palco, sarà stata la voglia di sentire finalmente un po' di musica, ma mi son piaciuti davvero tanto. Sarà che magari son davvero bravi. Sono in tre: lei cantante minuta con la chitarra che è quasi più grande di lei; un batterista e un bassista idolo delle folle che sul palco non sta fermo un attimo coinvolgendo molto il pubblico (ancora poco) presente. Mi hanno ricordato gli Yeah Yeah Yeahs senza convulsioni. Ne sentiremo ancora parlare.

Finiti gli Heike è il turno dei Morning Parade, gruppo britannico che ha collaborato in passato con gente del calibro dei Blur. Non hanno lo spirito e l'energia che hanno avuto gli Heike, ma mi hanno colpito lo stesso per come han suonato. Non ci ho dato molta importanza a loro, nonostante dei pezzi molto belli (vi consiglio questa: Under The Stars), poichè sapevo già chi sarebbe arrivato dopo. E lo sapeva bene anche il pubblico, molto contenuto in attesa del gruppo successivo. E allora andiamo avanti.

Da dietro il palco viene fatto montare un enorme striscione azzurro con raffigurate delle persone che si coprono il volto con una foto. Sopra di loro giganteggia una scritta bianca, quasi come fossero nuvole nel cielo: The Wombats. Sono molto emozionato all'idea di sentirli suonare, il loro album d'esordio (che ho anche suggerito qualche post fa) per me è stato una grande scoperta e mi ha aperto un intero mondo musicale.
Il loro ingresso sul palco è stato accolto da un boato e loro apprezzano con un timido e poco sobrio sorriso di circostanza. Pochi giochetti e si appiccicano subito agli strumenti. Dal momento in cui il cantante Matthew Murphy attacca le mani sul sintetizzatore per suonare Our Perfect Disease è un continuo saltellare su e giù del pubblico che inizia, finalmente, a scaldarsi. I pezzi più gettonati sono stati ovviamente i più famosi: Techno Fan, Anti-D (con la quale mi sono particolarmente emozionato), Tokyo, Moving To New York, Jump Into The Fog e in chiusura Let's Dance To Joy Division, suonata alla perfezione e cantanta a squarciagola da un pubblico infuocato. Bravi loro. Bravi Noi.

L'ora con i White Lies l'ho passata a insultarli. Vi spiego: il loro album d'esordio (To Lose My Life...) è davvero un album bellissimo, intoccabile ma, aimè, ailoro, hanno deciso di farsi letteralmente sputtanare con il secondo album (Ritual). Quando lo ascoltai la prima volta durò per ben quattro canzoni. Stoppato e cestinato. Quindi il mio rapporto con loro è quasi irreparabilmente deteriorato.
E anche live sembrano non essere dei gran genialoidi. Per carità, hanno suonato davvero da Dio, ma è abbastanza discutibile la scelta della scaletta: la carta jolly  To Lose My Life se la giocano quasi subito, e molte altre canzoni placano un po' il pubblico che si era ben riscaldato dopo il live dei The Wombats, se non per qualche incitamento del cantante Harry McVeigh. Comunque sia chiudono in bellezza con Bigger Than Us coinvolgendo un po' di più il pubblico e preparandoli per chi sarebbe venuto dopo.

Lo ammetto, io ero lì solo e soltanto per gli Arctic Monkeys. Il 14 marzo alle ore 10.49 avevo già il biglietto in mano e la band di Sheffield era l'unica che era stata annunciata. Ma mai e poi mai mi sarei aspettato di vedere il live più bello da parte dei Kasabian.
Il tempo iniziava a non essere dei migliori, quasi a conferma delle voci che giravano in mattinata, e il sole era calato da un pezzo. Sul palco dominava una gigantografia della scritta KASABIAN. I cori per il chitarrista Sergio Pizzorno (di ovvie origini italiane) erano iniziati da un pezzo e rispetto ai White Lies la zona sottopalco si era notevolmente riempita. Quando salgono sul palco è il delirio. Attaccano subito con Club Foot, prima canzone del loro primo cd, e mi ritrovo travolto dal pubblico che è letteralmente impazzito. Per non parlare di quando hanno fatto pezzi storici come Shoot The Runner, Underdog, una Vlade The Impaler a dir poco esplosiva, una inaspettatissima L.S.F. che dalle voci che giravano tra il pubblico non sarebbe stata eseguita, per poi concludere con quella che secondo il cantane Tom Meighan "is for you" (indicando il pubblico): Fire. Bellissimo, tanto per usare un eufemismo. I Kasabian mi hanno caricato e la giornata è stata lunga. Sono stanchissimo e penso di aver dato il 99% di me. Ma adesso sarebbero arrivati loro, e per loro avrei dato il 200%. E così è stato.

E' tutto buio. Io sono muto e immobile, paralizzato dall'emozione e dalla stanchezza. Finalmente avrei visto gli Arctic Monkeys. Finalmente salgono sul palco. Impazzisco.
Alex Turner sfoggia un nuovo taglio di capelli che si sistema e risistema durante l'esibizione, scimmiottando un po' Elvis un po' Fonzie di Happy Days. Come al solito sono freddissimi. A malapena salutano e si avventano sugli strumenti. Il batterista Matt Helders attacca con l'intro di Library Pictures, sesta traccia del loro ultimo album (Suck It And See), e subito la loro freddezza si scalda suonando. Il secondo brano è Brianstorm e il pubblico esplode. Io, se possibile, impazzisco ancora di più. Le canzoni le so praticamente a memoria. Riesco a capire addirittura che canzone avrebbero fatto dal cambio di chitarra o da come la mano era posizionata sul manico per suonare il primo accordo. Faccio schifo e sono un fissato, lo so, ma è amore.
Alex chiede come va. Sta andando da Dio, Alex. State andando da Dio.
Non mi pareva vero di sentire da vivo pezzi come Teddy Picker, Still Take You Home, The Hellcat Spangled Shalalala scritta apposta per far cantare il pubblico, The View From The Afternoon e I Bet You Look Good On The Dancefloor. Quando suonano When The Sun Goes Down divento un brivido vivente.
Quando sento 505 mi spengo un po', perchè so che è la loro canzone di chiusura. E così è.

Una giornata strepitosa e psico-fisicamente devastante. Ho visto cose che fino a ieri mi sono solo immaginato con le cuffie alle orecchie. Spero di riviverne altre di giornate così.
E soprattutto spero di poter ricantare di nuovo another fucking shalalala.


P.




Un ringraziamento a B., C., D. & S., senza di loro non sarebbe stata la giornata che è stata.

giovedì 1 settembre 2011

Stephen Malkmus and The Jicks, Mirror Traffic (2011) - Saranno Narcos in copertina?

Se ti vedesse passare su una bicicletta ti darebbe un calcio alle ruote. Se ti incontrasse in un bar ti rovescerebbe il caffè bollente addosso. Se ti incrociasse ad un incrocio ti taglierebbe la strada.
Non è che sia un cattivo, soltanto un po' alternativo. Direbbe Stephen Malkmus sul suo disco. E anche un po' sboccato.
Un adolescente problematico che si fa sospendere dalla scuola perché ha preso a calci il distributore di merendine.
Un postino che si diverte a fare scherzi al citofono.
Semplicemente è un'altra prospettiva.
Poi, alla fine, se lo conosci bene ci diventi amico, magari te ne innamori. E scopri che è il disco più dolce e sensibile che c'è.
Oppure non lo capisci e gli dai del pazzo e disadattato.
E se sei un senatore, lascia perdere. Aveva pur bisogno di sfogarsi con qualcuno. I know what the senator wants. What the senator wants is a blowjob.

L.