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lunedì 16 aprile 2012

The Shins - Port Of Morrow

Aural Apothecary/Columbia/Interscope Records, 2012

Voto: 6


Vediamo di essere sinceri, se conoscete gli Shins è perché vi siete innamorati del loro brano New Slang dopo aver visto il film La Mia Vita A Garden State di Zach Braff. Visione del film che è tra l’altro dovuta alla vostra passione per Scrubs. Un po’ come i fan dei Death Cab For Cutie che sono allo stesso tempo fan delle serie O.C.. Oppure conoscete gli Shins semplicemente perché siete degli appassionati dell’indie pop, che tra le due opzioni sarebbe quella migliore ma in questo caso il fine giustifica i mezzi. E se siete loro fan sarete ben lieti di sapere che è finalmente uscito il loro tanto rumoreggiato nuovo album a distanza di cinque anni dal precedente Wincing The Night Away. Cinque anni durante i quali sono cambiate alcune cose: il leader del gruppo James Mercer ha fatto piazza pulita degli altri membri rinnovando la lineup inserendo tra gli altri il batterista Joe Plummer dei Modest Mouse; e si sono liberati dal contratto con l’etichetta SubPop Records creandone una tutta loro/sua con la quale hanno prodotto il nuovo disco Port Of Morrow. L’album, anticipato dal singolo Simple Song,  presenta un’enfatizzazione dei suoni elettronici senza però perdere le melodie pop/folk che hanno caratterizzato la loro carriera. A dimostrazione di questo leggero cambio sonoro basta sentire la prima traccia The Rifle’Spiral, che a tratti ricorda vagamente i francesini Phoenix. Ma la debolezza di questo album è che ce ne si dimentica troppo facilmente. Mi spiego meglio: una volta finito di ascoltare non si ha alcuna voglia di rimettere la prima traccia da capo e riascoltarlo tutto, cosa che non succedeva ad esempio con album come Chutes Too Narrow che si poteva benissimo ascoltare tre volte di seguito senza mai stancarsi. A chi lo ascolta rimane poco del disco, non ci sono punti di riferimento o momenti che vale la pena risentire per la seconda volta e a tratti sembra quasi di sentire sempre la stessa canzone. Una scorrevolezza esagerata per un disco e un gruppo dai forti caratteri pop che dovrebbero distrarre e intrattenere l’ascoltatore quando invece è ciò che ci circonda che ti distrae con troppa facilità. Si potrebbe benissimo ascoltare quest’album mentre ci si lamenta su Facebook del nuovo profilo-diario o mentre si leggono i tweet di un altro gruppo che ha appena annunciato un nuovo tour e non accorgersi che il disco è già all’ultima canzone. Se quest’album verrà ricordato sarà più per esser stato “l’album del ritorno degli Shins” che per altro, e per averci fatto aspettare così tanto forse ci meritavamo qualcosa di più. 

P.


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